Vetriole e Vetrioli, mi sono rotto le scatole del Coronavirus, ve lo dico candidamente: ho voglia di tornare a girovagare per ristoranti liberamente, ho voglia di poter lavorare senza restrizioni, ho voglia di stringere delle mani e abbracciare degli amici.
In più, non amo i toni da guerra che si stanno usando in questa pandemia.
Se però dovessi usarli ora, in questo momento, direi che chi vi scrive è in prima linea con alle spalle un comando generale d’armata che brancola nel buio. Ma non sarebbe sufficiente a descrivere le difficoltà di chi, come me (che benedico ogni giorno l’idea di avere aperto una gastronomia con somministrazione e non un ristorante), è aperto e prova a lavorare, mentre tutt’attorno si susseguono cambi di colore, idee balzane, regole inintelligibili.
Soprattutto, però, le mie parole non potrebbero essere corrette e sufficienti se provassi ad addentrarmi negli stati d’animo di chi, diversamente da me, è o è stato chiuso per tanto, troppo, tempo, chi ha subito i cambi di rotta repentini sanvalentiniani, per esempio, e che da un anno a questa parte non sa se la propria attività avrà un futuro e, nel caso, come sarà.
Per questo, ho deciso di alzare il livello di attenzione su quella parte di ristoratori che sono spesso guardati come un’elite, come la parte ricca del mondo della cucina. Ma che, invece, è quella che subisce questi problemi contingenti con i più alti profili di rischio: le stelle.
Chi ha, possiede, gestisce, amministra, o “semplicemente” cucina per, un ristorante stellato sa che lo staff numeroso, gli ingredienti della più alta qualità, la cantina, sono voci pesantissime di un bilancio che vede tra le entrate periodi troppo lunghi a zero. E zero, per rimetterlo in media almeno sufficiente, rappresenta uno scoglio insuperabile.
Ho scelto quindi di intervistare quello che rappresenta il mio chef di riferimento, non una tv star ma, per il mio punto di vista, le mani più felici della cucina stellata delle Langhe. Sto, ovviamente (e chi segue il blog da tempo sa quanto io lo veneri), parlando di Flavio Costa.
Ciao Chef, cominciamo con le domande.
Come stai, prima di tutto? E come stai vivendo, a distanza di un anno dal primo lockdown nazionale, questo ennesimo momento di chiusure?
Ciao Adriano e ciao a tutti voi! Beh in maniera molto diversa: l’anno scorso era una “novità” ed è durata 3 mesi, per assurdo il primo mese è volato ed ho avuto la possibilità di stare tanto con le mie bambine, cosa che non succede quasi mai, a giocare e perché no anche a fare qualcosa in cucina con loro, poi abbiamo iniziato il delivery con discreto successo e poi da giugno sembrava tornare piano piano la normalità. Questa volta, invece, è diverso, dalla prima chiusura di novembre fino ad oggi, con queste chiusure ed aperture a sprazzi si incomincia ad intravvedere la stanchezza mentale, più che quella fisica, c’è un aria di negatività, impotenza e soprattutto non si vede una fine, nessuno spiraglio, senza entrare nel merito di discussioni politiche e di visioni personali.
I tuoi ragazzi, la parte vibrante del 21.9, come vivono la distanza dalla cucina? Pensi che per un giovane cuoco o membro del personale di sala sia più difficile da superare come periodo, rispetto a quanta fatica stia facendo chi vive di cucina da più tempo?
Penso molto ai miei ragazzi, credo non la stiano vivendo bene, conoscendoli gli mancherà il lavoro e l’adrenalina dei servizi e credo siano preoccupati anche per l’andamento del ristorante. In quelle poche aperture che abbiamo fatto ho cercato sempre di riaprire ed a volte, anche solo a turni, li faccio rientrare, non credo ci siano differenze su chi fa più fatica, credo che la diversità sia per lo più dettata dal fatto di responsabilità: chiaro che per chi gestisce un locale medio-grande come il nostro, oltre ai pensieri personali e per la tua famiglia, ci siano pensieri per l’azienda e di conseguenza per tutte le famiglie a cui sono legate.
Cosa pensi, francamente, dell’asporto come metodo di lavoro? Sebbene sia del tutto legittimo per provare a sopravvivere economicamente, oltre che per non restare fermi a non lavorare (e chi ha questa passione sa bene quanto sia difficile stare lontani dai propri fornelli), pensi che possa cambiare le abitudini ristorative dei tuoi clienti?
All’inizio ero molto perplesso infatti abbiamo incominciato a metà aprile 2020 con la concomitanza di Pasqua. Ero perplesso perché è chiaro che non puoi tenere la stessa linea di cucina di un ristorante stellato e chiaramente non era nelle mie corde; poi, confrontandomi con mia moglie Roberta, abbiamo deciso di incominciare lanciando un’idea di delivery dove è fondamentale l’aiuto del cliente nel finire i piatti, i nostri piatti delivery sono un incrocio tra il ristorante 21.9 e la nostra osteria La Via del Sale, tutte le ricette sono seguite da schede tecniche dove indichiamo tempi di cottura o riscaldamento e impiattamento, oltre naturalmente ad ingredienti e allergeni. Devo dire che abbiamo lavorato bene fino a fine anno poi abbiamo visto un leggero calo. È chiaro che per conto mio non ha futuro, così come lo abbiamo accantonato da giugno a novembre, così sarà anche dopo l’apertura futura, almeno per quanto ci riguarda.
Come hai detto tu comunque non l’abbiamo fatto dal punto di vista commerciale ma diciamo che ci facciamo vedere vivi nei confronti dei nostri clienti.
E, già che siamo nell’argomento,cosa vedi nel futuro della ristorazione stellata, dopo questa bastonata della pandemia? Pensi che qualcosa sia cambiato in maniera irreversibile?
Non credo che cambierà molto, forse ancora per un po’ di tempo il cliente preferirà andare in locali areati con spazi grandi, ma credo che faremo grandi cose alla riapertura, lo abbiamo già visto l’anno scorso: anche se non abbiamo potuto fare gli eventi come i matrimoni, abbiamo lavorato alla grande con i due ristoranti, ed anche a dicembre e gennaio, nelle poche occasioni di apertura, non sono mancati i pienoni.
Sei stato gentilissimo e sincero, come al solito. Io ogni volta che penso a uscire a mangiare in un ristorante penso sistematicamente di fare una fuga fino a Piobesi d’Alba, non vedo l’ora di poter tornare a godermi un tuo menu’ degustazione, inventane uno con tante portate perché ho un’astinenza da paura. E prepara delle bolle, perché avrò anche una discreta sete.
Grazie e buona cucina Flavio!
Grazie a te dello spazio e grazie a tutti voi.