Nella vita di ognuno di noi ci sono dei mostri sacri. I ragazzini che giocano a pallone sulla polvere delle periferie calciano i rigori dicendo a se stessi “ecco, Ronaldo batte il rigore, tiro…goooool”.
In cucina, a chi comincia la carriera, a chi ha i primi spunti di creatività, capita lo stesso. Ditemi un po’ se, di fronte al vostro piatto più riuscito, non abbiate mai detto a voi stessi “Cracco, chi?” o “questa volta ti ho superato, Antonino”.
Personalmente, ho diversi mostri sacri che non elencherò per non riempire di una lista tipo Pagine Gialle della Cucina questo articolo. Ma tra essi, sicuramente, c’è uno Chef che ho iniziato a seguire in televisione, figlio come sono io, non dell’alberghiero, ahimè, ma, della cultura fai-da-te. Questo soggetto, studiandolo un po’, mi ha fatto imparare un sacco di cose e di lui ho scoperto anche la vena pionieristica da sperimentatore: era il capo della brigata mitologica che faceva muovere l’Italia gourmet, ben prima della vena modaiola attuale, verso il mitico, fino mistico, Trigabolo di Argenta.
Lui è Igles Corelli, recentemente divenuto Coordinatore del Comitato Scientifico di Gambero Rosso Academy, e io ho imparato in questi anni ad apprezzare la sua ricerca di materie prime di altissimo livello, la sua cucina circolare e la sua capacità di introdurre, senza esserne spaventato, la tecnologia in cucina.
Da poco, Igles ha aperto un nuovo locale, basato su un’idea diversa di ristorazione. Al nuovissimo “Mercerie” di Roma, proprio di fronte alle rovine meravigliose dell’area Sacra di Largo di Torre Argentina (dove, assai probabilmente, venne ucciso Giulio Cesare, n.d.A.), si fa un’esperienza nuova. Il classico intervallarsi di antipasti, primi e secondi, proprio della nostra tradizione è qui sostituito da una scelta ampia e super divertente di bocconi finger food, che possono costituire un rapido aperitivo gourmet, così come una cena da ghiottone, come nel mio caso.
L’offerta di lasagnette, praline e bottoni viene affiancata da una superba scelta di signature cocktails, davvero originali e capaci di stupire anche i meno “allenati” a cibo e bevande di livello internazionale.
Ma andiamo con ordine.
L’aspetto del locale è vintage, con spunti minimalisti moderni: il pavimento a grandi scacchi bianchi e neri è contrastante, ma allo stesso tempo armonico, con tavolini a copertura opaca, sedie comode a metà tra stile antico e ultramoderno, lampade da tavolo (bellissime) e decoro a mezza parete.
Però, ho già speso un mare di parole e non ho ancora parlato di cibo, quindi, iniziamo a fare sul serio.
Ispeziono il vasto menù e, aiutato da una gentile quanto preparata cameriera, scelgo la via più adatta al mio capiente stomaco: praticamente prendo tutto, dalla degustazione di lasagnette, a quella di praline, passando per un bottone e un flan di patate e “cuori eduli”, per chiudere con il bottone dello chef come dolce.
Da bere, il coktail suggerito dalla cameriera, ossia il Moscoma Mule (Vodka, Curcuma Syrup, Ginger Beer, Cetriolo, Aria di Peperoncino, Lime Crispy). Avrei preso volentieri un più curioso The Paloma Shrimp (Mezcal, Maionese al Gambero, Pompelmo Rosa, Sedano Bitter, Sale al Mandarino, Sedano Liofilizzato) ma, ahimè, mi toccherà ritornare in quanto la maionese al gambero non era disponibile. Ci son rimasto un po’ male, ma ho avuto modo di leccarmi le ferite con facilità 🙂
In merito alla degustazione di lasagnette, si tratta di otto cestini di lasagna arricciata con dentro ogni ben di Dio, nell’ordine che segue: Cacio e Pepe (per 2, in quanto la lasagnetta Melanzana e Provola Affumicata non era stata preparata), Amatriciana, Panna Prosciutto e Salsa all’Aglio, Pomodoro e Ventricina, Peperone, Ragù (con un ragù bianco di Maiale e Manzo, Besciamella, Parmigiano Reggiano DOP e la pasta verde, una bomba), Gamberi e Bietoline.
Una nota positiva e una critica: la lasagnetta Pomodoro e Ventricina è una delle cose più buone mai mangiate, veramente superlativa nella sua semplicità. Viceversa, la lasagnetta all’Amatriciana, se non consumata immediatamente dopo l’uscita dalla cucina, assume uno sgradevole odore, anche se è tutto super fresco “viene fuori il rancido”, come confermato da Igles stesso che, nel frattempo, è arrivato nel locale e si è fermato a chiacchierare con me, per la mia incommensurabile gioia.
Poi le praline, delle simpatiche palline panate in maniera super originale e ripiene di un sacco di cose buone, molto ben assortite e accostate. Anche qui degustazione così composta: Parmigiana, Palloncino Circolare, Pollo al Curry (che buonaaaa!!!) e Coniglio in Porchetta (di nuovo, SUPER!!).
Il bottone è stato suggerito dalla cameriera, ma devo dire che non è stato difficile per me accettare il suggerimento visti i tre ingredienti che avrebbero farcito questa specie di tonda brioche di sfoglia: Peperone, Burrata e Alici del Cantabrico. Sono tre tra le cose che preferisco al mondo, è un accostamento certamente visto e usato a piene mani dagli Chef di tutta la nostra penisola, ma…cacchio che bontà.
Poi, devo dire, che mi sarei anche potuto alzare, ben rifocillato, ma la curiosità ha avuto il sopravvento. Non capito così spesso a Roma da poter rimandare ad un altro momento l’assaggio di altre cose che mi intrigavano nel menu e quindi…ho continuato a mangiare.
Tra una chiacchiera con Igles, che per inciso mi ha spiegato un altro super risotto che proverò a fare a casa per gli amici, e una foto alla sala, ecco arrivare “Cuori Eduli su tortino di Patate di Avezzano, Fondente di Pomodorino Giallo all’Acqua di Mare e Corallo al Nero di Seppia”. UNO SPETTACOLO PURO.
I cuori eduli altro non erano che pettini, molluschi, deliziosi, aperti in iperbarica (tecnica che Igles usa da anni, sempre pioniere di queste innovazioni in cucina), abbattuti e poi scottati in padella. Gusto iodato, mare puro, ma delicati, una vera scoperta per me che amo i molluschi.
L’uso delle patate di Avezzano testimonia la ricerca del top tra i prodotti da parte dello Chef, che non è tanto amico del Km 0, quando ci sono cose evidentemente superiori alle altre facendo un po’ di strada in più.
Insomma, piatto non riuscito, DI PIU’, equilibratissimo e, si, più in linea con un piatto da ristorante “normale” (le virgolette siano ben marcate), ma che ci sta alla grande, per tecnica e originalità. Accompagnato con pane, del quale non ho avuto tempo di chiedere, abbagliato dal piatto…mi son distratto, non me ne vogliate.
Non domo, mi lascio tentare anche da un dolcino: avrei potuto scegliere i Bottoni Gelato (la prossima volta, giuro), ma mi son lasciato tirare dal suggerimento dello Chef e ho ordinato un Bottone Dolce: il cosiddetto “Latte Brulé”.
I bottoni di latte erano guarniti da una salsa al Caramello e Bitter, con Muscovado e Aria di Sale (amo l’accostamento, va a stupire papille gustative normalmente non interessate mentre si mangia un dolce…grande idea).
Ça va sans dire, una roba atomica, davvero un piacere per il palato e un gran bel modo per chiudere.
Ora vi aspetterete una cifra pantagruelica come spesa finale ma, contando tutto il mondo di sapori che ho potuto provare, spero vi stupisca positivamente un conto da 59.50 €.
Bravo Igles. Oltre a essere stato un gradevolissimo padrone di casa, chiacchierando con me e addirittura portando via un paio di piatti vuoti (che onore!), hai ideato davvero un format vincente che, secondo la mia modesta opinione, è replicabile in giro per il mondo (e che ti verrà copiato a piene mani, sospetto!!).
Mercerie – High Street Food
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